Palazzo d'Avalosl'ex carcere borbonico

Edificio dominante della Terra Murata è il Palazzo d’Avalos, costruito nel ‘500 insieme alle mura dalla famiglia D’Avalos, governatori dell’isola fino al ‘700.

Palazzo d’Avalos fu  dimora gentilizia, poi, sulla fine del Settecento, divenne un possedimento borbonico. L’edificio cambiò spesso le sue funzionalità passando da residenza estiva e riserva di caccia dei Borbone a scuola militare e infine a carcere del Regno. Ferdinando II di Borbone volle infatti convertire l’edificio in una colonia penale dove i detenuti, in gran parte cospiratori, furono costretti ai lavori forzati fino alla morte.

Un adattamento in netto contrasto con lo splendido mare sottostante, o forse una pena ancor più dura per chi ogni giorno era costretto a guardare tanta bellezza attraverso le grate. Sin da subito il regime di prigionia fu orientato al duro lavoro. Nel palazzo furono impiantate una teleria per la canapa, una falegnameria. Nella tenuta circostante si allevavano animali e si coltivava la terra i cui prodotti, una volta a settimana, venivano venduti in una sorta di mercato che si teneva nella “spianata” del carcere. Inoltre, i filati prodotti nell’opificio venivano acquistati  dalle donne procidane in procinto di sposarsi, che  conservavano un corredo frutto della sofferenza dei carcerati.

La casa di reclusione rimase operativa fino al 1988, anno in cui chiuse i battenti per via delle condizioni disumane in cui versavano i detenuti.

Il complesso Monumentale è costituito dal Palazzo D’avalos, il cortile, la Caserma delle guardie, l’Edificio delle Celle singole, Edificio dei veterani, la Medicheria, la Casa del Direttore, il tenimento agricolo Spianata. È in atto un progetto di rivalutazione della struttura storica, adibita a galleria d’arte moderna e contemporanea.

Nella struttura è presente l’installazione di arte contemporanea 7.0 del 2015 di Alfredo Pirri, così chiamata perché inaugurata alle 7 del mattino. Due lastre di vetro con al centro una moltitudine di piume d’uccello che al primo raggio di sole, riflettendo sul vetro, iniziano a brillare. Un uccello notturno o forse un angelo intrappolato per sempre.

Palazzo d'Avalos a Procida: storia dell'Eden delle pene a picco sul mare

Attualmente il palazzo è visitabile previo prenotazione attraverso il sito web del Comune di Procida.

Uno scenario inedito dalla cella del carcere.

La camerata del carcere

Cortile di Palazzo d'Avalos

Trascrizione dell’intervista :

<< Quando  sono venuto qui, nel 1963 nel carcere vecchio, il palazzo d’Avalos, c’ erano circa 500 detenuti, poi col tempo, i detenuti sono diminuiti, essendo che vi erano celle dove erano rinchiusi anche 30 o 40 detenuti assieme. Era definito un sistema multiplo,  diverso dal sistema cubicolare, c’erano anche zone con celle singole ma era una cosa minima rispetto a tutto il sistema carcerario.
Le tipologie dei detenuti erano molteplici: dal semplice ladruncolo ai criminali più pericolosi, ma la maggioranza dei detenuti era lì perché avevano commesso un omicidio.
Nel carcere c’erano ancora i detenuti della banda Giugliano.
Uno degli infermieri era Frank Mannino, un luogotenente della banda Giugliano, il quale aveva partecipato alla strage di Portello Delle Ginestre,  quando  gli domandai cosa fece, egli mi rispose:<< NOI CI CONSIDERAVAMO DEI SOLDATI DELL’ESERCITO DELLA SEPARAZIONE DELLA SICILIA >>.
L’esperienza nel carcere mi ha segnato con una grande carica di umanità, mi dicevano ” grazie” , in quel posto non curavo solo malanni e l’influenza, ma spesso avevo un ruolo da psicologo, i detenuti si confidavano spesso con me >>.